Interessante decisione quella della III Sezione della Corte Federale d’Appello di cui al Comunicato Ufficiale n. 127/CFA.


Il Giudice della revocazione ha, infatti, applicato un principio di giustizia sostanziale che merita di essere evidenziato, anche perché teso a ristabilire il risultato conseguito sul campo di gioco da calciatori della categoria “Giovanissimi”.


Il Codice di Giustizia sportiva della FIGC detta, all’art. 39, le regole per l’espletamento del giudizio di revisione avverso le decisioni adottate dagli Organi della giustizia sportiva, inappellabili o divenute irrevocabili. In particolare tale norma dispone la possibilità di impugnativa entro trenta giorni dalla scoperta del fatto o dal rinvenimento dei documenti, fra l’altro, se (lettera d)) è stato omesso l’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento, oppure sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta inappellabile, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia.


E’ necessario, quindi, un elemento di novità rispetto al giudizio oramai concluso, affinché il Giudice della revocazione possa modificare la decisione impugnata.


Il caso in discussione riguarda un provvedimento della Corte Sportiva d’Appello che ha confermato l’applicazione dell’art. 17, comma 1, C.G.S. (perdita della partita per 0-3), nonché la sanzione della inibizione a carico del dirigente addetto all’arbitro, perché la società sanzionata ha utilizzato un giocatore come assistente dell'arbitro inserendo, inoltre, n. 7 (sette) calciatori di riserva, violando, così, le norme di cui all'art. 8, comma 2 (relativa agli assistenti dell'arbitro e calciatori impiegati come assistenti dell'arbitro) e all'art. 8, comma 3 (sulla sostituzione dei calciatori) del Comunicato Ufficiale n. 1 dell'1.7.2017 del Settore Giovanile Scolastico.


Nel giudizio di secondo grado la società reclamante aveva evidenziato (senza sortire, tuttavia, alcun effetto positivo sulla decisione poi adottata) che il giocatore utilizzato come assistente dell’arbitro non era presente fisicamente in campo, pur essendo stato indicato nella distinta di gara e che di tale circostanza l’arbitro era stato reso edotto prima dell’inizio dell’incontro.


A giudizio della Corte Federale d’Appello, invece, nel caso che ne occupa può ritenersi integrato il presupposto della novità del fatto (mancata partecipazione alla gara da parte del calciatore di cui trattasi) la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia.


In particolare il Collegio sottolinea che la ratio della scelta adottata dall’ordinamento federale è quella di dar prevalenza al principio di effettività al preminente scopo di giustizia consistente nella rimozione, dall’ordinamento stesso, di decisioni sostanzialmente ingiuste, indipendentemente dalla natura dell’elemento di novità o dalla sua qualificazione in termini rigorosamente formali.


La Corte argomenta, inoltre, che nel caso di specie la pronuncia della Corte Sportiva d’Appello è affetta da palese erroneità ed ingiustizia (per le ragioni ben spiegate nell’impianto motivazionale cui si rimanda) e che occorre tenere in considerazione, nel decidere per la revocazione dell’impugnata decisione, la categoria (Giovanissimi) di cui trattasi, nonché la necessaria funzione anche rieducativa che, specie in questo ambito, le decisioni della giustizia sportiva devono assumere; risultato che non potrebbe conseguito attraverso una modifica del risultato ottenuto sul campo per l’operare di questioni meramente formali che non incidono nella sostanza della competizione.